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LA LEGGE LEVI-PRODI DAL BLOG DI BEPPE GRILLO

Ultimo Aggiornamento: 20/10/2007 09:14
19/10/2007 19:03
 
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Ricardo Franco Levi, braccio destro di Prodi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, ha scritto un testo per tappare la bocca a Internet. Il disegno di legge è stato approvato in Consiglio dei ministri il 12 ottobre. Nessun ministro si è dissociato. Sul bavaglio all’informazione sotto sotto questi sono tutti d’accordo.

La legge Levi-Prodi prevede che chiunque abbia un blog o un sito debba registrarlo al ROC, un registro dell’Autorità delle Comunicazioni, produrre dei certificati, pagare un bollo, anche se fa informazione senza fini di lucro.

I blog nascono ogni secondo, chiunque può aprirne uno senza problemi e scrivere i suoi pensieri, pubblicare foto e video.
L’iter proposto da Levi limita, di fatto, l’accesso alla Rete.

Quale ragazzo si sottoporrebbe a questo iter per creare un blog?

La legge Levi-Prodi obbliga chiunque abbia un sito o un blog a dotarsi di una società editrice e ad avere un giornalista iscritto all’albo come direttore responsabile.
Il 99% chiuderebbe.

Il fortunato 1% della Rete rimasto in vita, per la legge Levi-Prodi, risponderebbe in caso di reato di omesso controllo su contenuti diffamatori ai sensi degli articoli 57 e 57 bis del codice penale. In pratica galera quasi sicura.

Il disegno di legge Levi-Prodi deve essere approvato dal Parlamento. Levi interrogato su che fine farà il blog di Beppe Grillo risponde da perfetto paraculo prodiano: “Non spetta al governo stabilirlo. Sarà l’Autorità per le Comunicazioni a indicare, con un suo regolamento, quali soggetti e quali imprese siano tenute alla registrazione. E il regolamento arriverà solo dopo che la legge sarà discussa e approvata dalle Camere”.

Prodi e Levi si riparano dietro a Parlamento e Autorità per le Comunicazioni, ma sono loro, e i ministri presenti al Consiglio dei ministri, i responsabili.
Se passa la legge sarà la fine della Rete in Italia.

Il mio blog non chiuderà, se sarò costretto mi trasferirò armi, bagagli e server in uno Stato democratico.

Ps: Chi volesse esprimere la sua opinione a Ricardo Franco Levi può inviargli una mail a : levi_r@camera.it

L'inidirizzo preciso per accedere al post pubblicato sul blog di Beppe Grillo è: www.beppegrillo.it/2007/10/la_legge_levipr.html
20/10/2007 09:14
 
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Levi a Grillo: "nessuna intenzione di censura"
"Con il provvedimento che tra pochi giorni inizierà il suo cammino in Parlamento non intendiamo in alcun modo né 'tappare la bocca a Internet' né provocare 'la fine della Rete'. Non ne abbiamo il potere e, soprattutto, non ne abbiamo l'intenzione". Così, in una lettera, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Ricardo Franco Levi, replica a Beppe Grillo che ha criticato sul suo blog il disegno di legge sull'editoria varato nell'ultimo consiglio dei ministri e che prevede anche per i blog l'iscrizione al Registro degli Operatori della Comunicazione (Roc), presso l'Agcom. "Ciò che ci proponiamo - dice Levi - è semplicemente di promuovere la riforma di un settore, quello, per l'appunto dell'editoria, a sostegno del quale lo Stato spende somme importanti, che è regolato da norme che si sono succedute in modo disordinato nel corso degli anni e che corrispondono ormai con grande fatica ad una realtà profondamente cambiata sotto la spinta delle innovazioni della tecnologia".
"Non abbiamo lavorato nel chiuso delle nostre stanze", sostiene ancora Levi. "Abbiamo pubblicato uno schema di legge e un questionario sul nostro sito internet, abbiamo ascoltato e incontrato tutti gli operatori del settore (gli editori grandi e piccoli, i giornalisti, gli specialisti della pubblicità, i distributori, gli edicolanti, i librai), ci siamo fatti aiutare da esperti dell economia e del diritto", aggiunge nella sua lettera a Beppe Grillo. "Il risultato del nostro lavoro, il disegno di legge approvato dal governo, è leggibile sul nostro sito (http://www.governo.it/Presidenza/DIE/index.html) dove pure si possono trovare in totale trasparenza tutti gli elementi e i dettagli dell'intervento pubblico a favore dell'editoria. Ci siamo mossi - continua il sottosegretario - avendo un punto di riferimento preciso e impegnativo: la tutela e la promozione del pluralismo dell'informazione. Un principio affermato con chiarezza dalla Costituzione e che nell'articolo numero 1 del nostro disegno di legge abbiamo definito come 'libertà di informare e diritto ad essere informati'. Niente, dunque, è stato ed è più lontano dalle nostre intenzione della volontà di censurare il libero dibattito dei e tra i cittadini". Spiega ancora il sottosegretario: "Ci occupiamo di editoria persuasi che, nel tempo in cui viviamo, un prodotto editoriale si definisca a partire dal suo contenuto (l'informazione), e non più dal mezzo (la carta) attraverso il quale esso viene diffuso. Vogliamo creare le condizioni di un mercato libero, aperto ed organizzato in modo efficiente. Per questo, intendiamo, tra le altre cose, abolire la registrazione presso i Tribunali sino ad oggi obbligatoria per qualsiasi pubblicazione e sostituirla con l'unica e più semplice registrazione preso il Registro degli Operatori della Comunicazione (Roc) tenuto dall'Autorità Garante per le Comunicazioni (AgCom).
Anche su questo punto, da lei particolarmente criticato e temuto, lo spirito della nostra legge è chiaro. Quando prevediamo l'obbligo della registrazione non pensiamo alla ragazzo o al ragazzo che realizzano un proprio sito o un proprio blog. Pensiamo, invece, a chi, con la carta stampata ma, certo, anche con internet, pubblica un vero e proprio prodotto editoriale e diventa, così un autentico operatore del mercato dell'editoria. Siamo consapevoli che, soprattutto quando si tratta di internet, di siti, di blog, la distinzione tra l'operatore professionale e il privato può essere sottile e non facile da definire. Ed e' proprio per questo che nella legge affidiamo all'Autorità Garante per le Comunicazioni il compito di vigilare sul mercato e di stabilire i criteri per individuare i soggetti e le imprese tenuti ad iscriversi al Registro degli Operatori".
"L'informazione - spiega ancora l'autore del ddl - è un elemento prezioso e decisivo per la democrazia e deve essere trattata con estrema attenzione e rispetto. Per questo, ripeto e non per sfuggire alle nostre responsabilità, pensiamo che sia bene, affidarsi ad autorita' che abbiano la competenza per regolare una materia così specifica e che siano indipendenti rispetto ai governi e al potere politico. Quanto alle responsabilità, la sostanza di cio' che abbiamo scritto nel nostro disegno di legge e mi sembra una disposizione di buon senso è che per chi pubblica un giornale debbano valere le medesime regole sia che si tratti di un giornale stampato sia che si tratti di un giornale on-line. Più in generale e al di là di quanto previsto dalla nostra legge, credo, però, che il tema della responsabilità per ciò che viene pubblicato sulla rete sia un tema importante e che a nessuno dovrebbe stare più a cuore che a chi usa, apprezza e ama la rete".(Ansa, 19 ottobre 2007)

I dubbi del commissario dell'Autorità delle garanzie
L'obbligo di iscrizione al Registro degli operatori della comunicazione anche per siti Internet e blog, previsto nel ddl di riforma dell'editoria, suscita "perplessità" nel commissario dell'Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni Nicola D'Angelo, che invita a "contemperare le esigenze di garanzia con la libera apertura della rete".
"Comprendo l'esigenza di garanzia che ha mosso il governo a proporre questa norma - sottolinea D'Angelo - ma penso che non possa tradursi nell'imposizione di procedure burocratiche per l'apertura dei blog. Il grande valore della rete consiste nel fatto che è aperta, pluralista e gratuita nella fruizione: è giusto che chi la usa rispetti la legge, ma bisogna evitare regole che restringano le caratteristiche di apertura e libertà che la rete consente a chi la vuole utilizzare". D'Angelo ricorda anche che "la rete è stata ed è un grande strumento di informazione, a livello nazionale e globale, che ha riempito vuoti spesso evidenti in tema di pluralismo. Non deve essere un mezzo per commettere reati, come la diffamazione, ma ci sono già gli strumenti per reprimere gli abusi". Altrimenti, conclude, "finirà che i blog si faranno dall'estero".(Ansa, 19 ottobre 2007)
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